martedì, novembre 16, 2021

Paubha e Tangka nepalesi

Chi di voi che è stato in Himalaya è sicuramente capitato in qualche bottega artigianale dove dipingono pitture sacre, solitamente note come Tangka. I più famosi raffiigurano la “ruota della vita” protetta da Yama o la vita del Buddha, o il famosissimo Kalachakra, il mandala più noto, la mappa di ciascuno di noi verso la propria illuminazione.

A Bouddhanath, nella piazza del grande stupa, vi sono parecchie botteghe e alcune vere e proprie scuole di pittura. Anche a Bhaktapur, la famosa città degli dei divisa in quartieri per arti e mestieri come secoli fa, vi sono molte scuole di questa arte antica. Sono certa però che molti di voi, anche se conoscono i Tangka, poco sanno invece dei Paubha, i loro alter ego nepalesi.

"Paubha non è una forma di arte pittorica largamente praticata ma viene tramandata tradizionalmente di generazione in generazione” così racconta Lok Chitrakar, un veterano artista pittore di Paubha al Kantipur, uno dei maggiori “media” nepalesi, “al contrario di quanto è consentito nei canoni della pittura moderna, dove all’artista è permesso dare libero sfogo alla sua immaginazione, nel Paubha ci sono delle regole e dei rituali ben precisi da rispettare”. E questo è il “core” dell’arte dei Paubha.


Anche se a un occhio profano può erroneamente sembrare una forma originale di Tangka tibetano, il Paubha è invece un’esclusiva e particolare rappresentazione della cultura Newari della Valle di Kathmandu. L’esempio più antico di questa arte, un’immagine di Ratna Sambhav del 13° secolo, è conservata in un museo di Los Angeles.

Il Paubha originale è fatto su una tela di cotone tesa in una cornice di legno. Un misto di argilla bianca (sapeta) e collante naturale (saresh) viene distribuito uniformemente sulla tela e viene lasciato seccare all’ombra. Parte del tessuto viene poi leggermente inumidito per far sì che la sapeta e il saresh vengano bene distribuite e fissate. Il tessuto viene poi sfregato con l’ausilio di una pietra liscia per far sì che la mistura venga del tutto assorbita dal tessuto e finché questo non sarà del tutto liscio e uniforme. E’ così che il dipinto su tela può finalmente prendere forma.


Originariamente i Paubha venivano dipinti a scopo religioso e utilizzati durante le cerimonie Newari. Ora i pittori li dipingono per puro spirito artistico e estetico. Li dipingono perché piacciono e conservano il ricordo delle antiche tradizioni. I Paubha hanno dei disegni particolari ricorrenti che simboleggiano sentimenti spirituali e religiosi che si riflettono anche nelle pose plastiche delle figure rappresentate. Tutto ha una regola precisa e un suo significato che va rispettato nei dettagli. Deepak Lumar Joshi racconta che ad esempio gli occhi del Buddha sono sempre disegnati aperti a metà perché così facendo stanno a simboleggiare che il Buddha guarda sia dentro di se sia fuori, il suo sguardo è su tutto ed è ovunque. Le linee sono molto vive e visibili mentre invece le ombreggiature non sono consentite se non in modo molto lieve. Certo anche l’arte dei Paubha si è evoluta e i moderni dipinti non sono più strettamente ed esattamente fedeli a quella che è l’iconografia delle scritture.


Purtroppo la maggior parte degli antichi Paubha originali sono stati rubati o sono andati perduti, possiamo trovare qualche superbo esempio a Bhaktapur, al Chaauni Museum e al Golden Temple di Patan. Vecchi Paubha sono anche conservati alla Kumari Ghar in Hanuman Dhoka e a Bal Bhairav di Kirtipur.

La storia dei Paubha è antica quanto quella della Valle di Kathmandu. Vengono descritti per la prima volta dal viaggiatore cinese Fa-Hien nel 5° secolo. Questi dipinti si suppone siano stati portati in Tibet nel 7° secolo dopo che la principessa nepalese Bhrikuti si sposò con il Re del Tibet Songtsän Gampo. Alcuni storici affermano che sia stata la principessa stessa a portarli con se insieme ad altri manufatti tipici della sua terra, come dote o come dono quando andò in Tibet per sposarsi. Influenze pittoriche date dai Paubha sono tutt’ora visibili in Tibet nelle pitture murarie dei monasteri di Gyantze, Shalu e Sakya. C’è addirittura una leggenda che dice che, il famoso artigiano nepalese del 13° secolo Araniko, fosse anche lui un pittore di Paubha e fosse stato portato in Cina. Un famoso Paubha che si dice sia stato dipinto proprio da Araniko è ora conservato al Museo di Cleveland. A supportare queste ipotesi ci sono anche alcuni passi del libro Sacred Vision di Steven M. Kossac.


Nella storia i Paubha sono stati comunque influenzati da altre culture. Durante l’epoca Malla, tutta la cultura della Valle di Kathmandu subì notevole influenza dei Moghul indiani, da qui nei Paubha apparvero le prime nuvole sulle montagne e i primi uccelli. Le divinità inoltre iniziarono ad essere disegnate anche di lato. Un esempio di queste influenze si vedono nelle pitture che raffigurano la vita di Krishna al Museo di Patan.

Verso la fine dell’Era Malla, con l’avvento dei Re Shah, i Paubha hanno rischiato di sparire, ma nonostante questo sono comunque giunti miracolosamente fino ai giorni nostri subendo poche evoluzioni.

L’arte dei Paubha rappresenta potenzialmente l’arte nepalese all’interno della comunità artistica internazionale. Questa tecnica di pittura e i pregiati esempi che sono tutt’ora conservati si possono definire patrimonio e bene nazionale.

Per chi è più curioso suggerisco l'intervista a Lok Chitrakar qui su youtube

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