venerdì, marzo 17, 2017

che fine ha fatto il traffico d'organi in Nepal?

Una torrida storia come tante, che purtroppo si ripete.
L’esperienza col traffico d’Organi in Nepal l'avevo archiviata nella mia memoria, fino a quando mi sono imbattuta in questa inchiesta della CNN e ho avuto un déjà vu, e fino a quando oggi 17 Marzo 2017 sono venuta a sapere che il ragazzo che cercai di aiutare anni fa dovrà di nuovo ricomprarsi un rene.
Nel dicembre 2006 ero a New Delhi a mangiarmi una pizza con Alessandro Gilioli che all’epoca era un giornalista de L'Estresso, un bravo reporter come tanti, e che ora finalmente ha ottenuto la luce che merita.
Il Nepal come sempre mi porta incontri karmici. Allora ero teneramente fidanzata con Raj Kumar ed ero in Nepal per lui. Ci eravamo incontrati al Planet Bhaktapur, l’hotel oasi di pace che oramai da anni è la mia seconda casa in Nepal. Qui c’erano appena state le milizie del baldo Prachanda, il Che Guevara dell’Himalaya. Il leader dei Maoisti Nepalesi e futuro leader di governo dopo gli accordi di pace che sarebbero stati presi di lì a poco, con il primo ministro Koirala del Partito del Congresso, accordi che segnarono l’inizio della fine della Guerra Civile durata 10 anni in Nepal e che iniziarono proprio al Planet. Allora Francesco mi disse: “Silviozza, se riesci a ritardare di una settimana è meglio. Io sono occupato dalla Guerriglia, sono qui in metà di mille con le armi in mano”. Infatti io sono arrivata qualche giorno dopo che i Maoisti avevano levato le tende dal Planet. E ho trovato lì Alessandro che era arrivato per riuscire a incontrare Prachanda e intervistarlo. Io ero lì per incontrare l’amore della mia vita in barba a tutto e a tutti, guerra civile compresa. Tutto gravitava intorno al Nepal.
Alessandro stava scrivendo un libro, un gran bel libro “premiata macelleria delle indie  titolo forte ma degno delle parole incise sulla carta stampata che di li a un anno sarebbero state in tutte le librerie italiane. Un Libro che parlava di Guerriglia Maoista, di Bambini Venduti e che dopo il nostro incontro avrebbe parlato anche di Traffico d’Organi Internazionale.
Tornando a Delhi, una sera in attesa di volare via entrambi verso le nostre destinazioni, siamo andati a cena insieme nella capitale indiana e io gli ho raccontato di Subash, il cugino del mio ora ex marito.
Nell’estate del 2006 Subash, il cugino di Raj, per una intossicazione dndd è andato in insufficienza renale. Allora al Kidney Center di Kathmandu non c’erano grosse possibilità di far sopravvivere a lungo un dializzato e tra l’altro i costi al giorno erano esorbitanti. La struttura ospedaliera nepalese non era in grado di mantenerlo in vita a lungo. Bisognava fare presto e trovare il modo di fargli fare un trapianto. In Nepal non esistevano centri trapianto. Bisognava andare in India, ma nessuna lista d’attesa avrebbe accettato un Nepalese in fin di vita.
Le mie lettere alla Croce Rossa Italiana, all’AIDO, a svariati centri trapianto in Italia sono rimaste inascoltate, già noi abbiamo liste d'attesa infinite per i nostri connazionali. L’unica chance per salvare la vita a Subash era quella di trovare un Rene in Nepal e poi di fare l’espianto e il trapianto in una struttura “convenzionata” in India. Subash aveva solo la madre compatibile per una eventuale donazione, ma lei soffriva di febbri tifoidee. Quindi non era possibile fare nulla. Lo attendeva una morte certa.
Quindi l’ultima e unica chance per Subash erano i trafficanti d’organi.
Il fratello di Raj Kumar, Sudarshan è sempre stato un “trafficone”, ha sempre avuto contatti ovunque, e tutto ciò, ne a Raj ne a me è mai piaciuto più di tanto. Soventi erano le liti tra i due fratelli perché il maggiore, Raj, non condivideva i modus operandi e le frequentazioni del fratello minore Sudarshan.
Facendola breve, Susan (Sudarshan) ha avuto modo di venire a contatto con un trafficante d’organi nepalese, che previo pagamento di 1500 USD avrebbe trovato un ragazzino che avrebbe venduto un rene a suo cugino e con una spesa totale di circa 25000 dollari tra esami, farmaci, consulti, mazzette e quant’altro sarebbe stato in grado di finalizzare tutti gli accertamenti del caso e il trapianto in India a Madurai presso una struttura compiacente per il povero Subash.
Il tutto è stato fatto velocemente durante l’estate, ne andava della vita di Subash. E il povero donatore, trovato nel distretto di Kavre, dopo l’intervento in India si trasferì per mesi a casa di Raj e Susan affinché la famiglia provvedesse alla sua salute e alla sua convalescenza post espianto. Anche Subash stette per mesi da loro e loro si presero carico delle sue cure mediche.
Ovviamente la famiglia ha contratto un debito enorme per sostenere le spese di tutta questa storia. In Nepal in quel tempo un dipendente di banca prendeva 80 dollari al mese di stipendio. Subash era uno studente, la madre una contadina, la famiglia di Raj, seppur benestante, non lo era così tanto da poter avere tale liquidità e disponibilità di denaro per sostenere tutte queste spese.
Io e Raj ci siamo impegnati quindi nel fund rising, anche perché le medicine antirigetto che doveva assumere giornalmente Subash (Ciclosporina) costavano più di 150 euro a blister. Io ero riuscita a contattare la contessa Lucifero, allora pezzo grosso in Croce Rossa Italiana, che mi promise di stanziare dei fondi per Subash e per un progetto sulle vittime del traffico d’organi in Nepal, che poi ovviamente disattese. Non si è fatta più trovare. Io e Raj non sapevamo più come fare per aiutare la famiglia a saldare il debito.
Così quella sera a Delhi ne ho parlato ad Alessandro, raccontandogli tutto e dicendogli: ”se ne fai un’inchiesta magari può uscire qualche aiuto per Subash e per le vittime di questo traffico infame. Magari si smuove qualcosa”. Sì sono sempre stata una sognatrice. Come potevo essere diversa? Ho sempre avuto fiducia nel mio prossimo, sono fatta così. Ho sperato che i trafficanti venissero assicurati alla giustizia, che i medici consenzienti e gli ospedali consenzienti venissero assicurati alla giustizia e speravo che i bisognosi e i malati potessero rientrare poi in un progetto di protezione, magari internazionale, che assicurasse loro di poter essere operati senza dover ricorrere a questo traffico disumano. Ma ovviamente le favole esistono come sempre solo nella mia testa. Certo ci fu gran rumore sull’inchiesta che ne uscì, anche perché Alessandro, con l’aiuto del contatto che gli diedi io, e cioè il fratello di Raj, Sudarshan, fu abilissimo e temerario nel fingersi un malato di insufficienza renale italiano che, non volendo aspettare le liste d’attesa italiane, si voleva affidare al traffico d’organi per essere operato il prima possibile. Quindi riuscì a prendere contatto coi mediatori e a comprarsi un ignaro ragazzino (Deepak), che gli avrebbe venduto il suo rene in India. Alessandro, Susan e Deepak, ovviamente dopo essere arrivati in India e portati tutti gli esami (falsi) del caso, il giorno prima dell’inizio della trafila pre operatoria, dopo aver documentato tutto il traffico e gli accordi coi medici, sono fuggiti tutti e tre rocambolescamente in Nepal. Ci fu davvero un gran rumore su questa inchiesta, Alessandro venne invitato anche al telegiornale, ne fece un articolo molto bello sul giornale per cui lavorava e lavora tutt’ora, l’Espresso, intitolato:”Ho comprato un rene in Nepal” e un capitolo del suo libro “premiata macelleria delle indie”. I trafficanti finirono in galera, l’Ospedale finì nel mirino della giustizia, i medici pure, ma nulla arrivò ai trapiantati, tantomeno a Subash e alla sua famiglia. Il Libro uscì e ebbe un discreto successo, inoltre si fece anche un film su sta storia del traffico d’Organi, "HOT Human Organ Traffic", ma nulla venne a favore dei disgraziati, dei malati e delle vittime, se non i 1000 o 1500 euro raccolti da Alessandro per il piccolo Deepak, il ragazzetto che gli avrebbe venduto il suo rene,  che ignaro di tutto s’era ritrovato in Nepal col suo rene ancora in corpo ma senza i soldi che avrebbe dovuto guadagnare dalla sua vendita.
Io e la mia famiglia e Raj continuammo a raccogliere fondi per Subash e a cercar farmaci per lui tramite missioni caritatevoli piccine. Per Subash e per i malati non ricevemmo mezzo euro da nessuna delle persone coinvolte in tutto questo can can, ne dalle grosse organizzazioni che tentammo di contattare. Nonostante Alessandro fosse stato bravissimo, non sono stata “abile gestore” dei miei contatti, ne delle storie che possedevo per riuscire davvero ad aiutare chi aveva bisogno. Per me fu una grande sconfitta. Sollevai un polverone per nulla, perché non fu utile a chi ne aveva davvero bisogno, ma fece solo rumore, vendita di giornali e notizie fine a se stesse.
Adesso l’avrei gestita di certo diversamente? Troverei qualcuno che aiutasse a evitare di contribuire all'esistenza dei trafficanti di organi?
Ora Subash sta male di nuovo, e quanti altri Subash ci sono in Nepal e nel mondo? Il traffico d’organi continua e io sto qui a leggere articoli di giornale.