lunedì, marzo 20, 2023

il mal di montagna: se lo conosci lo eviti, se lo conosci non ti uccide

ACCLIMATAMENTO E MAL DI MONTAGNA ACUTO
Mi pare interessante scrivere un articolo sull’Acclimatamento e il Mal di Montagna che può essere d’aiuto a chi vuol fare trekking sull’Himalaya.
Inoltre, molti viaggiatori sono preoccupati a proposito delle malattie e della salute quando vanno all'estero e chiedono consigli sulla prevenzione e sulle terapie. Premesso che questo è un sito di viaggio e che si deve consultare un medico, vi do dei link ufficiali da consultare su questi argomenti.
- il sito della principale Associazione di Soccorso Alpino in Nepal: http://www.himalayanrescue.org/
- Il link di un libro che potete leggere sulla sicurezza in Alta Quota: Salute in Alta Quota di Jean-Paul Richalet prodotto in collaborazione con la Associazione per la Ricerca sulla Fisiologia Ambientale http://www.alpinia.net/editoria/recensioni/rec_scheda.php?id=231
- E sulla salute il link della Civec Clinic di Kathmandu, che in generale da info sulla salute per i viaggiatori che vanno in Nepal http://ciwec-clinic.com/health-information/
Le notizie sotto riportate non sono farina del mio sacco, sono prese da un articolo di Thomas E. Dietz dell’International Society for Mountain Medicine e tradotte pari pari dal quello che era il sito dell'ISMM e che trovate ora nel sito dell'UIAA qui UIAA che è il sito dell'organo ufficiale mondiale che si occupa della Medicina di Montagna e del Mal di Montagna e che da lumi sulla sua sintomatologia, la prevenzione e la cura. In questa pagina trovate tutta la documentazione ufficiale sull'argomento da scaricare in più lingue e qui di seguito i due documenti che vi suggerisco di leggere:
1- Health Rules in Montagna
2- Prevenzione, Sintomatologia e Trattamento del Mal di Montagna Acuto (AMS), dell'Edema Polmonare Acuto (HAPE) e dell'Edema Cerebrale Acuto (HACE)

Acclimatamento:
L’acclimatamento è il processo con cui il corpo cerca di abituarsi alla graduale diminuzione di ossigeno in altitudine. E’ un processo lento che richiede da qualche giorno fina a alcune settimane.
Classificazione delle altitudini:
- Alta quota: 1500 - 3500 m
- Altissima quota: 3500 - 5500 m
- Altitudine estrema: oltre i 5500 m
In termini pratici generalmente non si prendono in considerazione altitudini inferiori ai 2500 m. Ma possiamo dire che la soglia significativa sia quella dei 3000/3500 m, quota alla quale la maggior parte degli escursionisti e alpinisti alpini sono abituati.
L’esposizione a quote superiori sulle Alpi si limita a tempi brevi, a volte solo di ore, e scendere a quote più basse nell’arco delle 24h è la norma. Questo fa si che il pericolo costituito dal mal di montagna sia molto limitato. Nelle spedizioni e nei grandi trekking himalayani o andini è diverso perché la permanenza a quote superiori ai 3500 m si protrae per giorni e a volte per settimane e quindi si può incappare nel mal di montagna.
Effetti dell’esposizione all’alta quota:
Alcuni normali e fisiologici cambiamenti avvengono in ogni persona che vada in quota:
- Iperventilazione (respiro più veloce, più profondo o entrambi)
- Respiro “corto” durante lo sforzo
- Cambiamenti nel ritmo respiratorio notturno
- Frequenti sveglie notturne
- Aumento del volume delle urine (si fa più pipì)
Salendo di quota attraverso l’atmosfera la pressione barometrica cala (l’aria però continua a contenere il 21% di ossigeno) con il risultato di rendere più povero di ossigeno ogni respiro. Per compensare si è costretti a respirare più velocemente e più profondamente e con lo sforzo questo si fa più evidente, per esempio camminando in salita. Restare senza fiato è normale fintanto che, con il riposo, si riprende una respirazione normale.
L’aumento della frequenza respiratoria è di fondamentale importanza e va assolutamente evitato qualunque fattore che lo deprima (alcol e certi farmaci tipo i sonniferi). Nonostante il corpo abbia questi meccanismi compensativi è comunque impossibile ripristinare i normali livelli di ossigeno nel sangue in alta quota.
La frequenza respiratoria accelerata e protratta nel tempo da una riduzione dell’anidride carbonica, il rifiuto metabolico della respirazione che viene espulso dai polmoni. La presenza oltre certi limiti dell’anidride carbonica nel sangue è il segnale al cervello che innesca l’atto respiratorio e se questa è bassa l’automatismo della respirazione non parte (la mancanza di ossigeno è un segnale molto più debole che agisce solo come valvola di sicurezza). Fintanto che si è svegli non è difficile avere una respirazione cosciente, ma di notte si instaura un anomalo ritmo respiratorio dovuto all’alternarsi di questi due segnali contrastanti.
La respirazione periodica consiste in cicli di respirazione normale che gradualmente rallenta fino ad una breve apnea che può durare 10-15 secondi. Può migliorare leggermente con l’acclimatazione ma non scomparirà fino alla discesa a quote “normali”. Questo non è mal di montagna. Il respiro periodico può comunque causare parecchia ansia:
- nella persona che si sveglia di notte nel momento di pausa respiratoria rendendosi conto che non sta respirando
- nella persona che si sveglia di notte della fase subito dopo lo stop in cui è andato in iperventilazione credendo di avere il respiro corto per edema polmonare
- nella persona che si sveglia di notte rendendosi conto che il suo vicino non sta respirando ;-)
Nei primi due casi basta aspettare qualche minuto e stare tranquilli fino a che si riprende il ritmo respiratorio, nel terzo caso poco dopo il vicino supererà lo stop e riprenderà il respiro periodico. L’acetazolamide (il noto Diamox), di cui vedremo più avanti l’azione, è di aiuto nel regolare questi meccanismi respiratori.
Forti sconvolgimenti avvengono nella chimica del corpo e nel bilancio dei fluidi durante l’acclimatamento. Il centro osmotico che rileva la “concentrazione” del sangue reimposta i suoi parametri con il risultato che il sangue si fa più denso. Da ciò deriva una diuresi da altitudine, con i reni che espellono una maggior quantità di liquidi. Le ragioni di ciò non sono state ancora pienamente comprese ma ne risulta un innalzamento dell’ematocrito (concentrazione dei globuli rossi) e forse una maggiore capacità di trasporto dell’ossigeno e un’opposizione alla tendenza alla formazione dell’edema.
E’ normale in quota urinare più del solito, se non è così vuol dire che vi state disidratando o che non vi state acclimatando a dovere.

Mal di Montagna Acuto (Acute Mountain Sickness - AMS)
Il Mal di Montagna Acuto è una costellazione di sintomi che vi segnalano che non siete acclimatati all’altitudine in cui vi trovate.
Salendo il vostro corpo si adatta al decrescere dell’ossigeno (ipossia) e c’è sempre un’altezza ideale in cui il vostro organismo è in equilibrio, con buona probabilità sarà la quota alla quale avete dormito l’ultima notte.
Oltre a questo punto c’è un’indefinita zona di tolleranza in cui il vostro organismo riesce a sopportare livelli di ossigeno più bassi, se ne raggiungete il limite superiore appaiono i sintomi di sofferenza da ipossia, e questo è mal di montagna.
Questa zona di tolleranza si muove con voi. Ogni giorno, mano a mano che salite, vi acclimatate ad un’altitudine superiore spostando così verso l’alto anche la vostra zona di tolleranza.
Andate oltre il limite per il quale siete “attrezzati” e vi ammalerete.
Il primo sintomo, quasi onnipresente, di mal di montagna è la cefalea e quando uno o più dei seguenti sintomi l’accompagna, a seguito di una salita a quote superiori ai 2500 m, va diagnosticato Mal di Montagna Acuto (AMS):
- perdita di appetito, nausea e/o vomito
- fatica e/o debolezza
- giramenti di testa e/o vertigini
- difficoltà nel sonno
Tutti questi sintomi sono stati catalogati secondo la scala Lake Luise e possono variare dal blando al grave Il mal di montagna acuto è stato paragonato ad un brutto post-sbronza e, a parte i criteri di valutazione da addetti ai lavori, ne approfittiamo per introdurre la:
REGOLA D’ORO N°1: Se non vi sentite bene in quota è mal di montagna!
a meno che non ci sia un’altra ovvia ed evidente spiegazione (come la diarrea)
Chiunque può cadere vittima del mal di montagna. Questo è fondamentalmente legato alla fisiologia individuale e al ritmo di salita. Età, sesso, allenamento o precedenti esperienze in quota non hanno effetti significativi, alcuni si acclimatano rapidamente e possono salire veloci ed altri non riescono a star bene nonostante una lenta ascensione. Sfortunatamente non c’è ancora la capacità di prevedere chi sia più soggetto al mal di montagna.

Edema cerebrale d’Alta Quota (High Altitude Cerebral Edema - HACE):
Il mal di montagna è un insieme di patologie, dalle forme più lievi a quelle che rappresentano una minaccia fatale.
All’estremo più pericoloso si trova l’Edema Cerebrale, in cui il cervello si gonfia e smette di funzionare a dovere.
L’HACE può svilupparsi molto rapidamente ed essere fatale in un arco di tempo che può andare dai due giorni alle poche ore.
Le persone in condizioni di edema cerebrale sono spesso confuse e possono non riconoscere il fatto di essere ammalati.
La caratteristica saliente dell’edema cerebrale HACE è il modificarsi della capacità di pensare. Può esserci confusione, cambi di comportamento o letargia, è presente anche una caratteristica perdita di coordinazione chiamata atassia. E’ uno stato molto simile a una fortissima sbronza.
Essendo la persona sospetta di HACE difficilmente in grado di percepire da solo il suo stato, è bene sottoporla a un facile test.
Tracciate al suolo una linea diritta e fate camminare la persona lungo di essa in maniera che ponga i piedi uno davanti all’altro sulla linea (come sul filo). Se fa fatica a mantenere la linea, cade o addirittura non sta in piedi senza aiuto si deve presumere sia affetto da Edema Cerebrale da Alta Quota.
E’ tempo di farlo scendere senza indugio.  A meno di avere con se una sacca iperbarica e/o un medico attrezzato la discesa dovrà avvenire immediatamente (anche di notte) senza aspettare il mattino successivo. Si dovrà scendere possibilmente fino al luogo dove ha dormito due giorni prima, nell’incertezza o nell’impossibilità almeno 500 metri di dislivello, 1000 sono meglio.
Le persone colpite da HACE normalmente sopravvivono e guariscono completamente se scendono molto e in fretta.
Ricordate che la maggior parte dei casi di edema cerebrale si riscontrano in persone che hanno continuato a salire con sintomi di AMS, da qui la:
REGOLA D’ORO N°2 Mai salire se si hanno sintomi di mal di montagna!

Edema Polmonare d’Alta Quota - (High Altitude Pulmonary Edema - HAPE):
Un’altra forma di grave patologia d’alta quota è l’Edema Polmonare, per capirci travaso di liquidi nei polmoni. Sebbene sia spesso associato al Mal di Montagna Acuto(AMS) non ne è strettamente correlato e i classici sintomi AMS possono essere assenti.
Segnali e sintomi dell’Edema Polmonare possono essere rappresentati da qualunque dei seguenti:
- estrema fatica
- difficoltà di respirazione a riposo
- respiro rapido e superficiale
- tosse, anche con secrezioni rosa o schiumose
- respiri gorgoglianti o rumorosi
- petto congestionato
- labbra o unghie blu o grigie
- sonnolenza
L’edema polmonare appare normalmente la seconda notte dopo una salita ed più frequente in persone giovani e allenate. In soldoni l’ipossia causa la costrizione dei vasi polmonari, questo fa sì che la pressione al loro interno si elevi drasticamente causando il travaso di liquidi dai vasi nei polmoni.
Una discesa immediata è la soluzione. A meno di avere con se una sacca iperbarica e/o un medico attrezzato la discesa dovrà avvenire immediatamente come per l’edema cerebrale, non aspettate il mattino dopo.
REGOLA D’ORO N°3 Se i sintomi peggiorano scendere immediatamente!
La persona ammalata deve essere trasportata perché lo sforzo di camminare peggiora la situazione e spesso un edema polmonare grave sviluppa anche un edema cerebrale.
Una volta scesi a una quota sicura, un paio di giorni di riposo dovrebbero essere sufficienti per la ripresa. Se tutti i sintomi sono completamente scomparsi una cauta risalita è accettabile.
L’edema polmonare può esser confuso con altri problemi respiratori:
- Tosse da alta quota e bronchite sono entrambe caratterizzate da tosse persistente con o senza presenza di catarro. In stato di riposo il respiro non è difficoltoso né si manifestano segni di spossatezza, se disponibile un saturimetro si vedrà che la saturazione dell’ossigeno sarà normale per quella quota.
- Polmonite, può essere difficile distinguerla dall’edema in base alla sintomatologia ma una volta scesi l’edema guarisce e la polmonite no. In ogni modo l’edema in quota è molto più comune della polmonite.
- Asma, può anch’essa essere confusa ma fortunatamente gli asmatici sembrano avere una condizione migliore in quota piuttosto che al livello del mare

Prevenire e trattare il Mal di Montagna Acuto
Non sarà mai enfatizzato abbastanza. Se avete sintomi di Mal di Montagna, NON SALITE ULTERIORMENTE. Salire con i sintomi di AMS significa peggiorare e mettere a repentaglio la propria incolumità. La maggior parte dei casi di edema cerebrale sono conseguenza dell’aver violato questa regola. Restate in quota o scendete finché i sintomi non sono completamente scomparsi. Solo allora sarete acclimatati e potrete riprendere la salita.
La chiave per evitare il mal di Montagna Acuto è una salita graduale che dia all’organismo il tempo di adattarsi.
I tempi di acclimatazione variano da persona a persona e non è possibile dare regole assolute ma in generale seguire le seguenti raccomandazioni è la maniera migliore di evitare l’insorgere di seri problemi:
- passare una notte almeno sotto i 3000 m
- evitare assolutamente sforzi e affaticamenti nella fase di acclimatazione, anche se vi sentite in forma procedete al 50% delle energie disponibili
- oltre i 3000 metri non si dovrebbe salire di più di 500 m di dislivello al giorno
- ogni 1000 m passare due notti alla stessa quota
- l’ideale è dormire più in basso del punto massimo raggiunto durante il giorno. Ciò non è sempre possibile, soprattutto nelle valli himalayane, il giorno di sosta diventa così di fondamentale importanza.
Un’eventuale escursione leggera a quote superiori con rientro al punto di partenza nella giornata di “riposo” è una buona tattica per prevenire problemi e abituarsi all’altezza.
Cose da evitare
Qualunque cosa rallenti la respirazione, vari medicinali possono indurre quest’effetto creando problemi. Chi ha sintomi di mal di montagna, ma a nostro avviso anche chi sta bene, deve evitare assolutamente:
- alcool
- sonniferi
- antidolorifici se non in dosi minime

Trattamenti
La base del trattamento del Mal di Montagna Acuto è rappresentato da: riposo, liquidi e blandi analgesici (aspirina, ibuprofene, paracetamolo), farmaci che non nascondono un eventuale peggiorare dei sintomi.
Normalmente è sufficiente fermarsi alla quota in cui i sintomi sono comparsi e riposare, nella maggior parte dei casi uno o due giorni sono sufficienti a riprendersi, a volte ce ne vogliono anche tre o quattro. Altrimenti la discesa è sempre la soluzione più rapida ed efficace.
Un dilemma comune è quello posto dalla domanda se il mal di testa dipende dalla quota o da altro. A parte il fatto che sovente nel mal di montagna la cefalea è associata ad altri sintomi è facile verificarlo. Se assumendo uno dei farmaci prima citati e bevendo un buon litro d’acqua la cefalea scompare velocemente e completamente è molto difficile che il mal di testa sia dovuto alla quota.
Profilassi
La profliassi è raccomandata esclusivamente in caso di:
- rapide e forzate ascensioni in quota, ad esempio voli su Lhasa o La Paz o Leh o Srinagar
- trekking a tappe rapide e forzate in quota
- a persone che sanno di soffrire di AMS
Altrimenti è decisamente consigliato acclimatarsi alla quota con liquidi, riposo e salita lenta e graduale.
L’acetazolamide (Diamox) è un farmaco che forza i reni a secernere bicarbonato riacidificando il sangue.
Vengono così bilanciati gli effetti dell’iperventilazione che si innesca in alta quota nel tentativo di catturare più ossigeno. Questa riacidificazione agisce da stimolante respiratorio, specialmente di notte, riducendo o eliminando quella particolare respirazione periodica di cui abbiamo parlato prima.
Pur essendo un valido supporto nella cura del Mal di Montagna Acuto il suo uso di elezione è preventivo in quanto il suo effetto principale è quello di accelerare l’acclimatazione in un tempo di 12-24 ore cosa che invece normalmente avverrebbe in 24 – 48 ore.
Le persone allergiche ai sulfamidici dovrebbero astenersi dall’assumere l’acetazolamide.
Il più comune degli effetti collaterali è una sensazione di formicolio o di vibrazione in mani, piedi e labbra, talvolta variazioni nel senso del gusto. Ovviamente lavorando per l’espulsione dei bicarbonati con l’urina questo farmaco ha effetto diuretico e farete molta pipì. Tutti questi effetti scompaiono con la sospensione della terapia.
La dose di acetazolamide per la profilassi preventiva è 125-250 mg (a seconda del peso corporeo) ogni 12 ore iniziando 24 ore prima della salita e finendo due o tre notti dopo il raggiungimento della massima altezza o con la discesa se questa avviene prima. Per l’apnea 125mg prima di coricarsi, fino alla discesa.
Miti da sfatare:
- l’acetazolamide nasconde i sintomi.
Non è vero, accelera l’acclimatazione e, se questa si instaura, i sintomi scompaiono perché non hanno più motivo di esserci. Se avete ancora difficoltà di acclimatazione avrete ancora i sintomi del mal di montagna.
- l’acetazolamide protegge dal peggiorare dei sintomi durante la salita.
Ma non annulla il valore della regola d’oro n°2 e non offre protezione contro il peggiorare del mal di montagna già in atto.
- l’acetazolamide previene il mal di montagna durante una salita rapida.
Pur essendo consigliabile il suo uso preventivo in caso di una forzata esposizione rapida all’alta quota (per esempio volare su La Paz o Lhasa) non si deve averne cieca fiducia, l’acetazolamide abbassa il rischio, non lo annulla.
- Se si interrompe l’uso dell’acetazolamide i sintomi peggiorano.
Non c’è effetto “rebound”. Interrompendone l’uso l’acclimatazione rallenta al suo ritmo naturale. Se il mal di montagna è presente i sintomi ci metteranno più tempo a risolversi, se non lo è vuol dire che siete acclimatati, almeno per quella quota.
Estratto di Gingko Biloba. Recentemente alcune ricerche su quest’estratto, pur non avendo ancora chiarito i meccanismi di azione, hanno evidenziato la sua capacità di prevenire o ridurre i sintomi del mal di montagna acuto.
Questi studi hanno utilizzato un estratto standard commerciale in dosi di 80-120 mg due volte al giorno a partire da 5 giorni prima di una rapida salita in quota o all’inizio di una salita graduale.
Qualora insorgessero problemi più gravi, oltre alla discesa che resta comunque la soluzione ideale, si possono adottare diversi trattamenti, almeno per guadagnare tempo là dove una rapida discesa non sia possibile.
Il Desametasone è un potente corticosteroide usato per trattare l’edema cerebrale. Questo farmaco cura i sintomi dell’ipossia e può risolvere i sintomi di mal di montagna acuto in poche ore, ma non aiuta ad acclimatarsi. Se si usa questo farmaco è severamente sconsigliato salire di quota prima di essere certi di essersi acclimatati sul serio.
Lasciamo le scelte farmacologiche ai medici e ci soffermiamo su due strumenti di grande validità: l’ossigeno e la sacca iperbarica.
L’ossigeno fa scomparire rapidamente i sintomi del mal di montagna con un flusso moderato (2-4 litri/minuto via cannula nasale). Possono essere necessarie varie ore di trattamento, una durata insufficiente può causare un ritorno aggravato dei sintomi. Il suo costo e la necessità di un minimo di addestramento lo rendono poco pratico e, là dove disponibile, riservato ai casi più gravi di edema.
La sacca iperbarica portatile è una sacca stagna in grado di contenere una persona che viene portata in pressione attraverso un pompa manuale. La persona al suo interno si trova a respirare in un’atmosfera pari a quella che troverebbe circa 1500/2000 metri più in basso. Due ore di trattamento sono il minimo per ottenere degli effetti ma a volte possono essere richieste molte ore (di faticoso pompaggio) per portare la persona fuori pericolo. E’ comunque indispensabile scendere appena possibile.
Riassumendo le cose basilari:
Regola d’oro numero 1 Se non vi sentite bene in quota, è mal di montagna
Regola d’oro numero 2 Mai salire se si hanno sintomi di mal di montagna
Regola d’oro numero 3 Se i sintomi peggiorano scendere immediatamente
Quindi i trattamenti:
- rapida discesa. Porta a remissione dei sintomi.
- permanere alla stessa altitudine. In 24-48 ore si dovrebbe avere remissione dei sintomi.
- permanere in altitudine assumendo acetazolamde. In 12- 24 ore si dovrebbe avere la remissione dei sintomi
Buona salita a tutti!

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