Oggi mi è arrivata una mail da una nota agenzia di viaggi, che non cito perché non ho nessuna intenzione di pubblicizzarla, che si è sempre vantata di essere “vicina” all’Himalaya e vicina ai viaggi sostenibili. Quest’anno propone il primo viaggio in Upper Mustang in Jeep in occasione del festival di Tiji, il più importante della regione che si tiene in Maggio. Già avevo avuto modo di sapere che un altro noto tour operator proponeva questo itinerario in auto e che almeno un altro non voleva rimanere a bocca asciutta e si stava attrezzando in ogni modo per non perdersi l’occasione di farci su qualche soldo. Sono sconvolta. Non capisco come noi occidentali che ci vantiamo tanto di essere “popoli sviluppati” e “civili” possiamo proporre di irrompere in un’area protetta con frotte di jeep ricolme di turisti, in nome del Dio denaro, come possiamo essere così senza scrupoli e irresponsabili. Questo sarà l’inizio della fine.
L’Upper Mustang, incontaminata regione che giace nel
transhimalaya, area protetta con un micro equilibrio delicatissimo, finirà di
essere quello che è stato sempre da millenni. Culla della cultura Lopa, l’Upper
Mustang è stato aperto al turismo solo nel 1992, ed ha sempre avuto accesso
limitato per i visitatori che hanno raggiunto queste lande desolate e
affascinanti solo a piedi o al massimo a cavallo. Fino ad ora non più di 15000
persone hanno effettuato gli 84km di trekking che da Jomsom portano alla
capitale fortificata del Regno di Lo, Lo Manthang. E’ uno dei percorsi trekking
più suggestivi e incontaminati del Nepal, in un angolo di mondo la cui storia
si intreccia alle leggende millenarie dell’Himalaya.
Sono stata in Upper Mustang l'ultima volta nel 2012, quando il governo Cinese con il benestare del governo Nepalese ha terminato la costruzione di una strada sterrata che collega il confine della Cina a Jomsom percorrendo tutta la valle dell’Upper Mustang.
Un tempo regno indipendente, terra sull'antica rotta commerciale tra Tibet e le pianure del sud del subcontinente indiano, terra di buddhismo della scuola Sakyapa, nascondiglio degli antichi guerrieri Khampa e luogo mistico che è stato frequentato da saggi quali Milarepa e Padmasambhava, è aperto al turismo solo dal 1992. Le sue valli verdi tra le aride montagne ocra e rosse sono popolate da genti tibetane, i Lopa. Per arrivarci occorre raggiungere Pokhara (6 ore di minibus o 8 di bus pubblico da Kathmandu oppure molto più velocemente in volo sempre da Kathmandu) e da qui in jeep o in volo a Jomsom, il punto di inizio da cui incominciare la visita di questa incantata regione del transhimalaya che si trova raccolta e protetta dai massicci degli Annapurna e del Dhaulagiri.
Questa via, è stata ovviamente ben accolta dalla popolazione locale che fino ad allora si spostava per lo più a piedi o a cavallo e con difficoltà e nessuno vuole togliere loro la possibilità di stare meglio e di avere una vita meno dura. Ma l’altro lato della medaglia è che questa via non è stata fatta per aiutare la popolazione a spostarsi, ma è stata fatta per creare un collegamento e un prolungamento del braccio e del controllo cinese in una area di cultura Tibetana, che è stata rifugio dei Kampa che tanto combatterono contro l’occupazione cinese, un’area Sakyapa, cultura tanto odiata e temuta dal governo Cinese, e che quindi la Cina vuole tenere sotto controllo e soffocare liberamente. Ora possono farlo, hanno dato loro il denaro per costruire la strada e ne avranno il controllo.
Il Governo Nepalese non avrebbe mai avuto i fondi per occuparsi di questa infrastruttura, e ora non ha forza politica ne monetaria per imporsi contro il colosso asiatico cinese. La cosa è talmente pesante che alla Cina è stato dato il permesso di veto sui visti dati o meno ai restauratori internazionali che operano in Mustang per la conservazione dei Beni Culturali e il recupero degli affreschi e delle strutture Buddhiste presenti nella zona.
Nel 2013 a Kathmandu ho incontrato Luigi Fieni, disperato, in attesa da giorni e giorni di avere il visto e il permesso per continuare a restaurare i monasteri di Lo Manthang, lavoro che sta facendo da più di 15 anni con l’American HImalayan Foundation , e che il governo Cinese rischia di compromettere e di vanificare, ora che, avendo dato fondi per costruire la strada, ha un potere ancora più grande sul Governo Nepalese. La Cina evidentemente non vuole che venga protetta una cultura che dal 1959 in Tibet ha fatto di tutto per distruggere.
Stupisce come tante organizzazioni e Tour Operator che si vantano di essere vicini a un turismo sostenibile, alle tradizioni locali e alla loro conservazione, vogliano prender parte allo scempio di questa regione in nome del Dio Denaro. Non è bastato vedere cosa è accaduto al Circuito dell’Annapurna dopo la costruzione della strada che arriva fino a Manang? Ora maledetta dai più, perché ha rovinato tutta l’Area facendole perdere anche attrattiva turistica. Ambiente notevolmente modificato, stravolto, sentieri trekking praticamente distrutti e resi impraticabili dal passaggio continuo di Jeep. Il Circuito ha pian piano perso identità e attrattiva per il viaggiatore che ora gli preferisce altre aree più incontaminate e conservate come la valle di Naar Phu, o il Circuito del Manaslu. Il Mustang rischia di fare la stessa fine. Rischia di perdere la sua unicità, la sua bellezza incontaminata. La strada oramai c’è, lasciamola usare alle genti locali per aiutarsi, ma noi che siamo i famosi “popoli civilizzati” diamo loro il buon esempio e aiutiamoli a proteggere questo angolo di mondo, con le sue tradizioni, la sua cultura e il suo ambiente naturale meraviglioso, non usiamo questa strada anche noi per farci business, sfruttare, compromettere e pian piano modificare e distruggere una regione, un ambiente naturale unico al mondo che va invece preservato per il bene di tutti.
Un po' di Storia e Notizie sull'Upper MustangUn tempo regno indipendente, terra sull'antica rotta commerciale tra Tibet e le pianure del sud del subcontinente indiano, terra di buddhismo della scuola Sakyapa, nascondiglio degli antichi guerrieri Khampa e luogo mistico che è stato frequentato da saggi quali Milarepa e Padmasambhava, è aperto al turismo solo dal 1992. Le sue valli verdi tra le aride montagne ocra e rosse sono popolate da genti tibetane, i Lopa. Per arrivarci occorre raggiungere Pokhara (6 ore di minibus o 8 di bus pubblico da Kathmandu oppure molto più velocemente in volo sempre da Kathmandu) e da qui in jeep o in volo a Jomsom, il punto di inizio da cui incominciare la visita di questa incantata regione del transhimalaya che si trova raccolta e protetta dai massicci degli Annapurna e del Dhaulagiri.
"Lo" è una parola sul cui significato si sprecano
varie teorie. Le due più accreditate sono che abbia derivazione Tibetana, Lo=meridione,
quindi Regno Meridionale, I Lopa invece dicono che Lo vuol dire semplicemente “luogo”
e il loro nome non è genti del sud ma “genti del luogo”. Mustang invece pare
essere solamente una translitterazione del nome della capitale del regno,
Manthang.





I Lopa mantengono quindi intatte tradizioni,
usanze, riti, ritmi di vita che sembrano essere fermi a quello che doveva
essere il medioevo himalayano.

Gli abiti Lopa sono tibetani. Le donne usano la
Chupa, la tunica grigia fatta a vestaglia che si lega in vita con una cinta
multicolore, la kow, e quelle sposate usano il grembiule di lana a righe
colorate orizzontali, il ponding, in testa portano la shamu, una cuffietta di
stoffa di solito verde e nelle occasioni speciali acconciano i capelli con il
suele, una striscia di stoffa rettangolare su cui sono cuciti turchesi e pietre
dure, una sorta di Perak Ladakho, però molto più fine e elegante. Anche gli
uomini indossano la tunica, la stessa che portano i tibetani. Tutti i villaggi
sono strutturati secondo l’urbanistica tipica del Tibet.


I chorten e il grosso dei monumenti sono di
evidente cultura Sakyapa, che in Tibet, Sakya a parte, è andata quasi del tutto
distrutta. La si riconosce per la struttura massiccia degli edifici e per la
colorazione con cui sono intonacati: a righe verticali bianche rosse e grigie,
tipiche di questa setta Buddhista.
Vi è inoltre quasi sempre una figura protettiva
all’ingresso dei villaggi che spesso ha corna vistose e serve per scacciare gli
spiriti cattivi.

Qui notiamo come l’antico animismo si fonda nelle
tradizioni successive Buddhiste con una semplicità davvero disarmante.
Queste testimonianze sono uniche e ormai restano
custodite solo qui, in Mustang. Tutto questo rischia di andare perso per
sempre.
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